CRONACHE e CURIOSITA', le news del giorno e non solo

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.LeoPinto
view post Posted on 15/4/2012, 14:05     +1   -1




Quando spunta l'anima di un bambino

Viaggio tra dubbi ed emozioni
di un papà che vuole
aiutare i figli a crescere


GIA

GIACOMO PORETTI

Appena nacque nostro figlio, venne a trovarci in ospedale un carissimo amico, mio e di mia moglie, un vecchio sacerdote che qualche anno prima ci aveva sposati: padre Bruno. Non seppe resistere alla tentazione, e come tutti gli anziani che si trovano davanti a un neonato, cominciò a sorridergli e a scherzare con la voce, prima in falsetto, poi con un timbro baritonale, infine, imitando una papera, cercò di attirare l’attenzione di quell’esserino che aveva solo qualche ora di vita. Tentò anche di improvvisare il balletto dell’orso Baloo, ma dopo un accenno di tip-tap deve essersi detto che per un anziano sacerdote di 82 anni, che solitamente impiegava la sua voce per tenere le omelie, per condurre cineforum, moderare conferenze e dirigere un centro culturale (quella era la sua molteplice attività), forse il tip-tap in una stanza di ospedale era un poco eccessivo. Ci guardò, guardò nostro figlio, poi disse: «Bene, avete fatto un corpo, ora dovrete farne un’anima!». Salutandoci sorrise e uscì dalla stanza. Guardandolo andare via mi sembrava che ballasse il tip-tap e che nemmeno Gene Kelly avesse la sua leggerezza.

Che cosa voleva dire «farne un’anima»? Io e mia moglie ci scambiammo uno sguardo interrogativo. I nove meravigliosi mesi di laboriosa gravidanza, e tutte quelle ore faticose del parto, l’avevano sfinita: umanamente non le si poteva chiedere nessuno sforzo in più in quel momento, anche perché quei 3 kg e 750 gr di esserino ai nostri occhi erano bellissimi e, benché le dimensioni prefigurassero un avvenire da brevilineo, eravamo convinti che non mancassero di nulla. Mi turbava l’idea dell’anima, mi ripromisi di dare un’occhiata su Wikipedia per saperne di più; in quel momento entrò il medico per accertarsi delle condizioni di mamma e figlio, e mentre annotava qualche dato sulla cartella clinica gli chiesi dopo quanti giorni si sarebbe manifestata l’anima, se prima o dopo i denti da latte, e se ce ne saremmo accorti da qualche prodromo tipo febbre o colichette. Lui prima mi fece sedere, mi auscultò il polso, mi obbligò a inghiottire una pastiglia e infine disse: «Deve essere stata un’esperienza un po’ scioccante per lei assistere al parto, chissà da quante ore non riposa, e poi tenere fra le braccia il proprio figlio! Lo mandiamo a casa a dormire, questo papà?».

In effetti prendere fra le braccia il proprio figlio era stata un’esperienza terrorizzante, come salire dietro ad Alonso sulla sua Ferrari mentre sta disputando il Gp del Nürburgring. Mi era sembrato di avere avuto in braccio la cosa più fragile dell’universo, più fragile di una flûte di cristallo, di quelle che si rompono sempre quando le metti in lavastoviglie; altro che un figlio, mi sembrava che stessi cullando una bomba atomica: non mi muovevo, non respiravo, non contraevo un muscolo. In genere si riesce a resistere in quelle condizioni non più di un minuto e quaranta secondi, e quando l’infermiera te lo toglie dalle mani facendolo roteare come un giocoliere tu speri di riabbracciare tuo figlio il giorno in cui si laureerà.

Farne un’anima? Dopo la prima ecografia che ci rivelò essere un maschietto, ricordo che fantasticai di farne un’avvocato, un architetto, un laureato in scienze economiche; un vincitore del Pallone d’oro con la maglia dell’Inter, tutt’al più un campione di tennis, uno skipper, un produttore di vini nel Salento, uno chef da 3 stelle Michelin! Farne un anima!? Avrà senso nell’era della potenza tecnologica più dispiegata ? Cosa te ne fai di un’anima quando tra non molto potrai prenotare via Internet un drone telecomandato che te lo mandano a casa e ti stira le camicie e ti svuota la lavastoviglie? Poi torni a casa la sera e trovi il drone ridotto a ferraglia perché la tua colf lo aveva scambiato per un ladro e preso a bastonate.

Me lo immagino il confronto con gli altri genitori: «Mio figlio ha conseguito la maturità con il massimo dei voti al Liceo San Carlo, ha il diploma di miglior centrocampista offensivo conseguito quest’estate in uno stage a Rio de Janeiro, parla inglese fluently grazie alla permanenza bimestrale nel college Nathaniel Winkle di Brixton nella contea di Hampstead, e come hobby progetta applicazioni per iPad. E suo figlio?». «Stiamo cercando di fargli conseguire un’anima...». «...ma cos’è? Un liceo sperimentale, o frequenta una comunità di recupero per tossicodipendenti?».

E poi, un’anima come la si crea? Quanto incide una corretta alimentazione nel contribuire al progetto? E nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? E gli amminoacidi ramificati, la carnetina, oltre ad aumentare la massa muscolare, potrebbero far lievitare l’anima? L’anima è più sviluppata nei vegetariani o negli obesi? E quale attività sportiva predilige un’anima? Una disciplina aerobica o anaerobica? Mi spiego: è più adatta per un’anima la maratona o il curling? oppure sarebbe meglio lo sci da discesa con attrezzi curving o lo snorkeling con pinne lunghe? E poi che giochi si regalano a un bambino per agevolare il processo: pistole, frecce, Gameboy o il puzzle del Libro tibetano dei morti? Ma soprattutto, a cosa serve un’anima? Nessuno più te la chiede; quando ti fermano i carabinieri si accontentano di patente e libretto; se acquisti su Internet, bastano carta di credito e mail e il resto del mondo pretende e desidera solo account e password! A pensarci bene, un’anima sembra la cosa più antimoderna che possa esistere, più antica del treno a vapore, più vecchia del televisore a tubo catodico, più démodé delle pattine da mettere in un salotto con la cera al pavimento; lontana come una foto in bianco e nero, bizzarra come un ventaglio, eccentrica come uno smoking e inutile come un papillon.

Telefonai a padre Bruno e chiesi: «Ma come si fa a fare un’anima?». E lui rispose: «Cominci con il ringraziare». «Chi?», domandai. «Il Padreterno che le ha donato un figlio e questa cose meravigliose che sono il mondo e la vita». «E se non ci credessi, se fosse tutto un caso?». «E lei ringrazi il caso, che non ha faticato meno del Padreterno, benedica la circostanza, ma non si dimentichi mai di ringraziare». E poi aggiunse: «La seconda qualità dell’anima è la gentilezza, sia sempre gentile con tutti». «Anche con quelli sgarbati? Anche con quelli che ti fanno domande importune?». «Sì, sia sempre gentile e chieda: perché vuole saper proprio questa cosa? Vedrà che cambierà domanda o starà in silenzio».

Padre Bruno mi congedò perché era affaticato, mentre io avrei avuto altre cento domande da fargli a proposito dell’anima. «Le prometto che verrò a visitarla in sogno». Sorrisi della sua affermazione e dissi: «Ma non si disturbi, vengo io a trovarla in sagrestia». La notte stessa ci lasciò perché, come lui amava dire, era arrivato il giorno dell’appuntamento con la Persona più importante.

Un giorno ero assorto nei miei pensieri, quando un tizio in maniera assolutamente sgarbata mi rivolse la seguente domanda: «Perché ha parcheggiato la macchina in seconda fila?». Io misi in pratica il consiglio di padre Bruno e gentilmente chiesi: «Perché vuole farmi proprio questa domanda?».

E lui: «Perché sono un vigile e questa è la sua bella contravvenzione, e mi ringrazi che oggi sono di buon umore, altrimenti gliela facevo rimuovere la sua bella macchinetta, ha capito?».

Ho ringraziato gentilmente. Ma poi guardando meglio mi accorsi che il vigile rideva, ma non solo era padre Bruno travestito. Lo stavo sognando! Mi abbracciò e chiese: «Allora come se la sta cavando con l’anima?». «Mi applico ma non ci capisco niente. Ma, padre Bruno, l’anima è una cosa che esiste solo nelle canzoni, quasi sempre in inglese...». «Si ricordi un’altra cosa: l’uomo supera infinitamente se stesso». E svanì come nella nebbia, anzi comein un sogno.

Al risveglio mi accolse il sorriso di mia moglie, e dopo essermi stiracchiato come un gatto le dissi: «Lo sai, amore, oggi sento che posso infinitamente superare me stesso». E lei rispose: «Come te la tiri!». Mi sa che ci vuole pratica per fare un’anima!

 
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.LeoPinto
view post Posted on 15/4/2012, 17:19     +1   -1




Trentotto anni di prove distrutte e depistaggi
così un pezzo di Stato ha coperto i bombaroli


La stagione delle inchieste sulla strategia della tensione si chiude con un bilancio fallimentare. Ma ci lascia in eredità alcune certezze storiche: le condanne mancate parlano dell'inquietante presenza di reti di solidarietà occulte

di BENEDETTA TOBAGI

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FORSE non ve ne siete resi conto, ma ieri mattina, quasi in sordina, si è chiusa un'epoca. Per quanto sopravviva una flebile speranza di nuove inchieste, ieri a Brescia nella sostanza (resta solo il ricorso in Cassazione) si è chiusa, con bilancio fallimentare, la pluridecennale stagione delle inchieste giudiziarie per le bombe della "strategia della tensione".

La strage di Brescia gode di un triste primato: nessun condannato. "Me l'aspettavo" è il commento più frequente al dispositivo della sentenza d'appello. Realismo comprensibile, ma non per questo meno tremendo. Quanto è terribile essere preparati a qualcosa di inaccettabile sotto il profilo etico, civile e semplicemente umano? Non aspettarsi più condanne per una strage di matrice politica che ha ucciso 8 persone: 5 insegnanti attivi nel sindacato, 2 operai, un ex partigiano. Un microcosmo specchio dell'Italia che pacificamente lottava, lavorava e sperava, in piazza della Loggia per una manifestazione antifascista e in piazza ucciso dall'ennesima bomba neofascista (con buona pace dei "negazionisti" di casa nostra, questo è accertato). Mentre l'Italia inorridiva davanti alla carneficina, il luogotenente per il triveneto dell'organizzazione terroristica Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi, arringava i suoi "soldati": "Brescia non deve rimanere un fatto isolato". Assolto: ma siano noti a tutti i suoi reiterati proclami stragisti, nell'Italia dove le stragi sono accadute per mano di individui che l'hanno fatta franca.

Terribile
perché - e lo vedi negli occhi rossi, nelle facce tirate - dopo una lunghissima inchiesta (per consentire lo svolgimento di un'indagine complessa grazie all'impegno civile dei famigliari delle vittime ci sono stati interventi legislativi ad stragem per prorogare i tempi oltre il limite dei 2 anni) e un lungo processo, la possibilità di condannare esisteva. Parafrasando Pasolini: oggi non solo sappiamo, ma abbiamo faticosamente accumulato prove e indizi, "che in tanti processi comuni bastano e avanzano a condannare" - commenta a caldo un legale di parte civile. Insufficienti a provare il concorso in strage al di là di ogni ragionevole dubbio nel rito lento e cauto del processo accusatorio, in uno stato di diritto. Sia chiaro a quanti storcono il naso pensando che qualcuno andasse a caccia di un colpevole a tutti i costi. Non è un caso che le prove, nei processi per strage, non bastino mai.

Quest'assoluzione è solo l'ultima, umiliante vittoria di un'attività sistematica volta a distruggerle e depistare le indagini. Cominciata la mattina della strage, col frettoloso lavaggio della piazza, con sacchi di materiale raccolto dopo l'esplosione finiti nella spazzatura, anziché repertati: forse anche frammenti del timer della "bomba fantasma" su cui in aula si è guerreggiato. Le testimonianze dei primi periti, concordanti con la descrizione del defunto collaboratore Carlo Digilio (l'armiere di Ordine Nuovo, che preparò l'ordigno di piazza Fontana) non sono bastate a far ritenere credibile la sua testimonianza. Brescia fu il prototipo di una strategia di depistaggio sofisticata (poi smascherata dagli stessi tribunali). Una tecnica più subdola delle "piste rosse" costruite intorno a piazza Fontana: la "falsa pista nera". I responsabili? Si additò un manipolo di fascistelli sbandati, piccoli criminali capeggiati dall'istrionico manipolatore Ermanno Buzzi. Una pista circoscritta, lontana dalle "trame nere" milanesi (oggetto del secondo ciclo di processi, che mandò assolti gli imputati per strage, ma tracciò il quadro della rete terroristica cui doveva appartenere la manovalanza) e da quelle venete, a cui appartenevano gli imputati dell'ultimo processo.

Processo istruito anche sulla base di note informative del Sid coeve ai fatti (la fonte era l'imputato Maurizio Tramonte): queste portano dritto alla galassia terroristica di Ordine Nero, che aveva esplosivi, uomini, intenti eversivi, responsabile di uno stillicidio di attentati nell'anno precedente, filiazione del blocco eversivo di Ordine Nuovo, disciolto dopo la condanna del 1973 per ricostituzione del partito fascista. Un manipolo di sbandati prudentemente lontano dalle trame di golpe "bianco" autoritario o presidenzialista - anch'esse più sofisticate del progetto di golpe militare modello greco di Borghese - emerse proprio nel 1974 con le inchieste Mar e "Rosa dei venti". Una pista nera "sbiadita" e innocua, portata avanti con ogni mezzo dal generale Francesco Delfino, passato sul banco degli imputati. Assolto dal concorso in strage, forse leggeremo nelle motivazioni che è stato responsabile di favoreggiamento, ormai prescritto: le arringhe di parte civile l'hanno argomentato in modo stringente. Sarebbero andate diversamente le cose se i centri di controspionaggio del Sid, anziché occultarle fino agli anni Novanta, avessero fornito nel '74 quelle note informative (confermate anche dal generale del Sid Maletti, un "depistatore" di piazza Fontana, dal suo buen retiro sudafricano)? Se i carabinieri di Padova, comandati dal piduista Del Gaudio, avessero fornito le copie che avevano? Se il centro di controspionaggio di Padova non avesse distrutto non solo i documenti, ma - contro regolamenti - anche i registri che dovrebbero lasciarne traccia? Una parte di Stato ha lavorato con costanza e sistematicità per coprire i bombaroli che alimentavano la tensione, e poi per proteggere se stessa. Le condanne mancate parlano dell'inquietante sopravvivenza di reti di solidarietà occulte, suggeriscono una continuità di pratiche illegali annidate in seno alle forze di sicurezza, che ci balenano davanti agli occhi nei "depistaggi sofisticati", a base di piste false ma verosimili, messi in atto quando s'indaga sulle stragi mafiose, sulle trattative Stato-mafia.

La zizzania e il grano continuano a crescere insieme. Siamo figli di quei peccati e di quelle omissioni, ne portiamo il peso, ne paghiamo il prezzo. Oggi, nell'Italia impoverita, pessimista, delusa dalla politica, stritolata dalle organizzazioni mafiose, la tenacia e la battaglia democratica degli inquirenti, delle parti civili, di tanta società civile forniscono l'insegnamento più prezioso: vale comunque la pena lavorare, si riesce a consolidare un corpo vivente di carte, prove, voci, immagini che ci raccontano cosa è accaduto attorno a noi. Le assoluzioni non bastano a cancellarlo. Cantava De Andrè: "Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti".

 
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.LeoPinto
view post Posted on 16/4/2012, 10:24     +1   -1




Addio a Carlo Petrini, unico pentito del Dio Pallone

Non esistono pentiti nel mondo del calcio. O accetti quello che il dio del pallone ti suggerisce, spesso in maniera maliziosa, oppure sei fuori. Lui al dio del pallone aveva dato moltissimo, forse troppo. In cambio di soldi, successo e ragazze era disposto a fare tutto o quasi. “Nel fango del dio pallone” racconta la sua storia, una sorta di confessione amaramente spigliata, e la bella vita di un ragazzo negli anni Settanta che si ritrova a giocare in squadre come Genoa, Torino, il Milan di Nereo Rocco, Verona e infine Bologna. Nella primavera degli anni ’80 é uno dei pochi a pagare con una pesantissima squalifica (di fatto la fine della sua carriera) il calcio scommesse (corsi e ricorsi storici…). E se avrete voglia di sfogliare le pagine dei suoi libri per capire che persona fosse Carlo Perrini, vi troverete delle dichiarazioni pesanti nei confronti di gente che non ha mai pagato. L’ombra di un Bologna-Juventus e quel pareggio accordato caduto nel dimenticatoio. Gente che, nonostante le accuse pesanti, mai lo ha smentito o querelato.

Carlo Petrini ci ha lasciato oggi. era malato, da tempo. Queste le sue parole di qualche anno fa. “Ho tumori al cervello, al rene e al polmone. Ho un glaucoma, sono cieco, mi hanno operato decine di volte e dovrei essere già morto da anni. Nel 2005 i medici mi diedero tre mesi di vita. E’ stato il calcio. Ne sono certo. Con le sue anfetamine in endovena da assumere prima della partita e i ritrovati sperimentali che ci facevano colare dalle labbra una bava verde e stare in piedi, ipereccitati, per tre giorni. Ci sentivamo onnipotenti. Stiamo cadendo come mosche”. Se ne va un campione discusso, uno che aveva provato a prendersi tutto dalla vita e poi aveva capito che le cose non funzionano così. Da anni denunciava il marcio del calcio. Non é cambiato nulla , diceva. Ha pagato con la solitudine le sue dichiarazioni. E con la vita l’amore per il dio pallone. Quello che alla fine non perdona mai.


[Sabine Bertagna su FCInter1908.it]

Un presuntuoso. Un coglione. Uno che credeva di essere un semidio e morirà come un disgraziato.

Era la descrizione che dava di sè Carlo Petrini, non più tardi di quattro mesi fa. Un uomo vero o un ciarlatano, un eroe o un visionario a seconda di chi ne parlava. A seconda della convenienza personale di ognuno. Di certo uno che aveva il coraggio delle proprie parole. Doping, calcioscommesse, mafia: ne ha avute per tutti Petrini nella sua vita. Senza paura, fino all’ultima intervista.
E’ morto da uomo libero, e forse qualcosa vorrà pur dire.

Se ne va, oggi, l’unico pentito del Dio Pallone.

Addio, Carlo.



http://www.bausciacafe.com/2012/04/16/addi...el-dio-pallone/
 
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.LeoPinto
view post Posted on 16/4/2012, 13:40     +1   -1




 
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.LeoPinto
view post Posted on 18/4/2012, 13:32     +1   -1




La credibilità di Petrini

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Da Piermario Morosini a Carlo Petrini, passando per mille altri, per essere considerati morti di calcio non è sufficiente essere o essere stati calciatori. Deve essere stato il calcio a causare o perlomeno a creare le condizioni per la tua malattia o la tua morte. Insomma, si parla di doping o di non doping. Mentre ancora non sappiamo nulla sulle cause scatenanti la morte di Morosini, ci piace ricordare che diverse persone davvero amiche del centrocampista del Livorno si sono rifiutate di partecipare alle tante trasmissioni specializzate in tivù del dolore. Le performance di altri, a colpi di facce contrite e di banalità di seconda mano, si commentano da sole. Come per Lucio Dalla, il morto è diventato un pretesto per parlare di se stessi.
Delle cause che hanno portato Petrini verso una via crucis di tumori (cervello, polmoni, reni, colon…) e di operazioni sappiamo invece quasi tutto, grazie alle testimonianze del diretto interessato nei suoi libri (raramente recensiti, specie quando parlavano di grandi club: il Guerino però lo ha sempre fatto, come ha ricordato anche il Direttore nel suo post) e nelle sue interviste. La frequentazione da protagonista del marcio (ricordiamo la squalifica per il primo calcioscommesse) del calcio anni Settanta ma anche di quello dei periodi successivi, visto che molti suoi colleghi in campo sono poi diventati direttori sportivi e allenatori, ha dato a Petrini una credibilità che ha spaventato i sacerdoti del sistema, quelli che iniziavano ogni discorso con ‘fatta salva la buona fede’.
Non è un caso che, fra i tanti, Petrini abbia scritto un libro come ‘Il calciatore suicidato’, sulla morte di Donato Bergamini, che avrebbe dovuto e potuto scrivere un giornalista sportivo. Anche se ‘Nel fango del Dio Pallone’ rimane insuperabile non solo per le rivelazioni, ma per aver saputo rendere perfettamente quel clima di omertà e di disonestà diffusa (e Petrini ne parlava con cognizione di causa, avendo fatto parte dei ‘cattivi’) che rendeva e rende impossibile ogni seria operazione di pulizia nel calcio. Un libro da consigliare a chi si scanna per un fuorigioco di due centimetri o un rigore dubbio, che ha però il grande pregio di non fare di tutta l’erba un fascio: ci sono i disonesti, gli omertosi, gli onesti, più situazioni intermedie da valutare caso per caso. La piccola morale da trarre è questa: solo chi è fuori dal giro e trattato come un appestato, dopo aver fatto parte di questo giro, può essere davvero credibile. Petrini, che non era stato un santo (nemmeno nel privato, infatti la molla per scrivere gli era scattata per il senso di colpa in seguito alla morte del figlio), era credibile ed è per questo che gli ‘uomini di calcio’ lo temevano. Guardare la sua ultima intervista, stasera alle Iene (Italia Uno), ci farà male.



Twitter @StefanoOlivari
 
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.LeoPinto
view post Posted on 25/4/2012, 10:25     +1   -1




MAURIZIO CROZZA - Ballarò 24/04/2012 - La Fiducia

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.LeoPinto
view post Posted on 27/4/2012, 09:58     +1   -1




Se la scienza scopre che si diventa
adulti soltanto a 24 anni


Lo studio su «The Lancet». I tempi di maturazione del cervello più lunghi di quelli ipotizzati

Recenti ricerche sugli adolescenti pubblicate inThe Lancet tentano di dare una risposta alla domanda «A che età si diventa adulti?». I ricercatori non si riferiscono alle apparenti certezze della maturità giuridica: un'età per il sesso, una per guidare l'auto, una per bere alcolici, un'altra ancora per votare e così via. Ma la domanda alla quale tentano di rispondere si riferisce alla maturità naturale e la loro risposta non è quella che convenzionalmente indicava nella pubertà l'inizio dell'adolescenza e attorno ai vent'anni l'ingresso nell'età adulta. Secondo i ricercatori il nostro cervello non si sviluppa del tutto fino all'età di ventiquattro anni e solo dopo questa età possiamo ragionevolmente ritenere che si possa entrare nell'età adulta. Prima il cervello degli adolescenti non sarebbe sufficientemente attrezzato per valutare appieno le conseguenze dei comportamenti. Questo spiegherebbe la sottovalutazione dei rischi, degli effetti dell'abuso di alcolici, di droghe ecc... che in molti ritengono «tipicamente adolescenziale».

Non conterei troppo sulla convinzione che l'ingresso nell'età adulta comporti quel tanto di saggezza ed equilibrio che serve a vivere nel mondo senza far troppi danni a noi stessi e al prossimo. Se però le ricerche saranno confermate è senz'altro utile sapere che il cervello degli adolescenti ha tempi di maturazione più lunghi di quelli finora ipotizzati. Si pensi, ad esempio, all'apporto che queste ricerche possono fornire quando si valuta la eventuale discordanza tra l'incapacità legale di agire e la capacità naturale del soggetto minorenne.

Il fatto è che è del tutto discutibile che «adulto» sia sinonimo di «maturo» e «adolescente» sia sinonimo di «immaturo», almeno finché non ci chiediamo «maturo o immaturo per cosa?». Io definisco la maturazione come il processo di acquisizione della capacità di separarsi da esperienze precedenti senza che questo impedisca al soggetto di stabilire nuove relazioni, alla ricerca di nuovi e più soddisfacenti equilibri. La precarietà di ogni equilibrio raggiunto rende continua la ricerca, relative e provvisorie le diverse tappe raggiunte, le diverse maturità, fisiche, affettive, cognitive, morali e sociali. Siamo sempre più o meno maturi per affrontare certe prove e contemporaneamente più o meno immaturi per altre.
Secondo questa definizione, da uno stato fusionale in cui il neonato è ancora soggetto pienamente e sanamente immaturo, nel corso dello sviluppo si afferma con sempre maggiore evidenza la capacità di separarsi e stabilire nuove relazioni. La nostra maturità è messa alla prova ogni giorno.

Il bambino e l'adolescente soffrono se essi stessi o altri confondono il processo, la maturazione, con una o più delle sue tappe, le diverse maturità che vengono via via raggiunte a livelli e in tempi differenti da individuo a individuo. Soffrono se percepiscono, o altri percepiscono, il loro processo di maturazione come privo o carente di caratteristiche essenziali quali il movimento, l'orientamento e la regressione, se in altre parole scambiano, o altri scambiano, un fotogramma con l'intero film della loro vita.

In altri termini, al bambino e all'adolescente va riconosciuto il diritto all'immaturità, totale all'inizio dell'esistenza, ma anche quello al riconoscimento di tempi personali di maturazione che non procede mai senza arresti e regressioni.
Arthur Koestler in Buio a mezzogiorno faceva dire a un suo personaggio, in risposta a chi gli chiedeva a quale età era diventato adulto, che sono le esperienze che ci fanno maturare: «Se vuoi veramente sapere, sono diventato uomo a diciassette anni, quando fui mandato in esilio per la prima volta».

 
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.LeoPinto
view post Posted on 5/5/2012, 23:18     +1   -1




Che tempo che fa 05/05/12 - Massimo Gramellini e la laurea del 'Trota'

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Aleksej Ivànovic
view post Posted on 20/9/2012, 22:51     +1   -1




Il toga party del centrodestra
alla corte del governatore

La parabola della donna che Berlusconi vorrebbe suo successore e che precipita nel ridicolo di questa mascherata. E Alemanno prepara una festa di centurioni


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RICORDATE Berlinguer in braccio a Benigni, l'effetto simpatia, la politica ingentilita nell'incontro tra il leader e l'artista? Ebbene, paragonate quelle immagini con le foto della presidente della Regione Lazio 1, Renata Polverini, accanto allo schiavetto dell'antica Grecia, una specie di Antinoo e di Aspasia.

Riflettete quindi sull'effetto degradazione, sulla politica ridotta a bava trimalcionesca nell'incontro tra la leader della destra e il simulacro dell'artista, la donna capo che Berlusconi proprio in queste ore avrebbe voluto lanciare come suo successore e che precipita invece nel ridicolo di questa mascherata che fa da sfondo alla più colossale ruberia di danaro pubblico nella Roma della seconda repubblica.

Video e foto di questo ricevimento in costume 2 che il festeggiato De Romanis, vestito da Ulisse, ha definito "sobrio e misurato", vanno molto al di là del cattivo gusto, del kitsch che in fondo è stato studiato da Gillo Dorfles come stile. Qui siamo nella pacchianeria grottesca e casuale, una vera sarabanda di puttanate, uno spettacolo di trivialità senza alcun nesso se si esclude l'idea che "semo romani" e dunque "semo pure greci". I grecoromani sono duemila, alcuni però vestiti da maiali (foto 3)
con le mani che acchiappano cosce mentre le "puellae" in tunica si leccano i musi e finalmente la scrofa prende il posto della lupa capitolina. Direbbe forse Marcuse che l'Ergon metafisico del generone romano ha la meglio anche sull'Eros romantico da ammucchiata.

E lo sgangherato Vulcano, che sembra la controfigura dello Zampanò di Fellini mentre spezza le catene, è un consigliere comunale, un Paravia nientemeno, oggi con Storace, rampollo degli imprenditori degli ascensori. E ci sono pure l'assessore regionale Stefano Cetica, ex segretario della Polverini stessa, e Annagrazia Calabria, la più giovane deputata Pdl. Chi fa Mercurio e chi fa Plutone con una Olimpia Colonna nel ruolo della Medusa, e noi speriamo che questo ramo caduto sia anche cadetto.

Nella linfa della Roma carnascialesca ci sono i produttori televisivi come Aurelia Musumeci e i cosiddetti "public relation" come Olimpia Valentini di Laviano: "Ho un brutto vizio da pr e mi diverto a fare le campagne elettorali". Come si vede, l'impiastricciata e gelatinosa antropologia, quella dai mestieri vaghi e imprendibili che altrove produce "i creativi", a Roma subito si degrada nel galoppino elettorale e nel portaborse.

E nel video del cosiddetto backstage 4 della festa tutti comunicano il loro divertimento emettendo suoni gutturali. C'è un omone grande e grosso che grufola e potrebbe essere Menelao o forse il divino porcaro Ermeo. Qualcuno più che a un antico greco somiglia a un turco o a un mongolo con i baffi spioventi. Costumisti e truccatori sembrano le sole persone normali, i gladi sono di plastica, il peplum ha i merletti appiccicaticci, la colla svela la natura dozzinale della scena, e c'è pure una cornucopia da dove fuoriesce una rosa che non sembra neppure una rosa tanto è brutta, e infatti viene stritolata da una mano di donna stretta tra due maiali e con le unghia laccate di un orribile blu opaco. La festa è così tamarra che ai suoi tempi non riuscì neppure a guadagnarsi la vetrina di Dagospia, solo un trafiletto sul Messaggero con la foto della Polverini e ovviamente un servizio su Parioli Pocket, che è la rivista di riferimento degli aspiranti semivip della capitale.

Così diventa persino banale la Crapulopoli del Lazio, con i suoi conti correnti coperti, le cene, le case, le auto di lusso e il peculato. È vero che er Batman, l'ex capogruppo ed ex tesoriere del Pdl Francone Fiorito, assistito e ispirato dall'avvocato Taormina, il quale è un altro Batman ma delle cause perse, da ieri racconta ai magistrati 5"quel gran giro de quatrini" trascinandosi dietro tutti, ma proprio tutti, perché "la guera è guera" e, come si dice tra legionari non solo ciociari, "camerata, camerata / fregatura assicurata".

Ma rubare è quasi un dettaglio in questa sciagura etica ed estetica che è l'abuso dei simboli, dei miti e della storia antica, l'idea di patacca che la destra italiana ha della romanità e dell'antichità classica. Per capire quanto sia importante questo ciarpame nell'attuale decadenza è bene sapere che il momento magico del miserabile suk della memoria è previsto il 27 e 28 ottobre con una grandiosa celebrazione della battaglia di Ponte Milvio e del miracolo di Costantino. Il sindaco Alemanno e il suo cerimoniere acculturato Broccoli stanno organizzando, riservatamente "per fare una sorpresa ai romani", una straordinaria festa celebrativa dell'identità cristiana di Roma con l'idea di stupire e forse pure di istupidire il mondo: "L'esperienza più eccitante mai vista, un monumento alla Romanità, qualcosa che i bambini delle scuole ricorderanno per il resto della loro vita". E benché il programma sia ancora top secret, Marco Perina, vicepresidente del XX Municipio, me lo illustra con fierezza vanitosa. Dunque "a Saxa Rubra, perché è li che in realtà nel 212 è avvenuta la battaglia e non sul Ponte Milvio, il 27 ottobre verrà ricostruito un castrum, un accampamento romano con macchine da guerra, tende, e ovviamente i centurioni, i decurioni ...".

E l'indomani mattina verrà messa in scena la battaglia e "finalmente nei cieli dei colli fatali, al tramonto, un fascio di potentissime luci scriverà "in hoc signo vinces" mentre l'imperatore Costantino...". Lo interrompo: lui in carne ed ossa? "Ma no che c'entra, un figurante..., leverà in alto la croce con il cerchio, che si chiama Chi-rò".
Infine Perina, che intanto si è infiammato, mi annunzia che "Costantino dopo aver trionfato sul pagano Massenzio passerà con i suoi uomini il Ponte Milvio". Gli chiedo se è per questo che il ponte è stato ripulito dai lucchetti dell'amore e Perina, vinta l'iniziale reticenza, ammette questo secondo miracolo: "Beh, certo non c'entravano molto con Costantino. E però i lucchetti non sono tanto male. Vedrai che li rimetteranno".

Ecco dunque che si capisce meglio perché questa foto della Polverini con il suo Antinoo riccioluto racconta l'epoca molto più dei verbali giudiziari, dello scandalo dei soldi pubblici finiti a ostriche, del costo della casta ciociara, dell'antropologia impresentabile der Batmàn che non è il popolo del Lazio che assedia Roma ma è la sua schiuma.

La festa in (mal)costume sul viale delle Olimpiadi e sulla scalinata di Valle Giulia per divertire il vicepresidente del gruppo consiliare del Pdl non è stata insomma lo sfogo del solito burino pittoresco, non è l'assalto del Viterbese e del Frusinate che sfidano la capitale. C'è invece tutto il degrado politico e umano di una sottocultura che è stata per troppi anni vincente in Italia, la stessa del sindaco Alemanno che si traveste da spazzaneve, da vigile urbano, da idraulico, da spazzino e da stradino. E ogni 21 aprile presenzia alle sfilate del Natale di Roma, dà il via ai legionari e ai carri che percorrono i Fori imperiali, accende la miccia dei fuochi d'artificio al Circo Massimo, promuove la ricostruzione di un accampamento a villa Celimontana e due siparietti pastorali in onore del dio Pale che ricordano la pagliacciata di Bossi in onore del dio Po con il rito dell'ampolla.

Il presidente della commissione cultura di Roma Federico Mollicone organizza ogni anno il grande carnevale - un milione e mezzo di euro - e anche il sindaco Alemanno e sua moglie Isabella indossano i costumi presi in affitto al teatro dell'Opera per partecipare alla festa in maschera che la nobiltà romana organizza in piazza Colonna.

Dietro questo bisogno di nascondersi, di guardarsi allo specchio e di riconoscersi nella parodia del passato c'è lo spavento di un ceto sociale che, arrivato al potere come ruota di scorta del carro di Berlusconi, ha surrogato la legittimità con i baffi posticci, con le parrucche, con l'identità urlata e frullata dove Cesare si confonde con Pericle, dove la toga diventa tirso e viceversa, e la romanità è una specie di opera dei pupi, una fiction, uno show televisivo sì, ma di Teletuscolo...

Eppure persino la sinistra si era illusa che a lungo andare questa destra potesse generare nel mondo berlusconiano una certa qualità sociale e culturale, nel nome degli Ugo Spirito e di Gentile, di Marcello Piacentini e della sociologia di Gaetano Mosca, e ancora della prosa di Longanesi e della terza pagina di Montanelli, con Ionesco, Junger, Rosario Romeo, da Nicola Abbagnano a Mario Praz. E invece abbiamo er Batman al quale dobbiamo lo scandalo della verità: non era, come pensavamo noi, solo un mondo inadeguato, quello della Polverini e di Alemanno. Ci sono pure i ladri e non soltanto i pessimi amministratori. Ma è soprattutto il mondo dei figli degenerati dei gladiatori di cartapesta, che almeno si limitano a molestare i turisti al Colosseo.



http://www.repubblica.it/politica/2012/09/...19/?ref=HRER3-1
 
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Aleksej Ivànovic
view post Posted on 21/9/2012, 13:33     +1   -1




Fiorito: "Polverini non sapeva" - Porta a porta 20/09/2012

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